Beethoven non stava bene. Il suo vecchio materasso a molle non lo faceva dormire. Esasperato, decise un giorno di chiamare
un venditore di materassi alla tv, ma le risposte dei centralinisti cadevano nel vuoto. Beethoven era sordo e non lo sapeva
ancora.
Non capiva perché la gente non lo capiva. Non poteva essere sordo, altrimenti come faceva a non dormire alla notte per il
cigolìo del suo materasso a molle? Per strada, al McDonald la gente lo prendeva in giro perché come un tossico si
addormentava sfinito un po' dappertutto, anche in piedi.
Ma un bel giorno Beethoven incontrò una zingara, giovane e affascinante, che gli predisse una vincita al Totogol e un figlio
arruolato nella Folgore, se solo quel cretino non avesse smesso di studiare.
"Dei begli scopaccioni ci vogliono, ecco cosa", disse duramente Beethoven pensando a tutti quei giovinastri che tutti giorni
alla stazione delle corriere lo prendevano in giro facendo finta di non capire. La zingara anch'essa non capì, ma interpretò bene
il movimento delle labbra. Finalmente Beethoven aveva trovato una persona con le sue stesse idee. Coi giorni presero a
frequentarsi e a raccontarsi di esperienze passate di viaggi in Interrail. Che risate. Ah Ah.
Si incontravano sempre nella roulotte della zingara poiché Beethoven non voleva chiamarla a casa: si vergognava dei poster di
Marcella e Gianni Bella attaccati al muro.
La passione comune per i sani ceffoni li spinse a confluire nella Colonna torinese delle Brigate Rosse nella sezione
'rieducazione masse'. Beethoven e la zingara presero a schiaffeggiare sempre con atti di sorpresa i giovinastri maleducati e a
spedire i più recalcitranti una settimana di miniera: figli di papà, figli di operai, figli di studenti, figli delle stelle. Perfino un terzino
delle giovanili della Juve incappò in uno dei loro temuti blitz semiviolenti. Beethoven e la zingara partecipavano alla causa con
qualche coraggiosa rapina alla maniera di Bonny & Clide, Marta & Marzotto, Sacco & Vanzetti.
Ma intanto Beethoven peggiorava sempre più.
Un bel giorno, vedendo alla tv un documentario di Videosapere che parlava dei denti del giudizio, la zingara capì tutto.
"Fammi venire a vedere il materasso" mimò la zingara.
"No" mimò lui.
"Perché?" mimò Pelè all'arbitro croato che gli aveva appena negato un evidente rigore.
Per la zingara ormai era tutto chiaro: Beethoven di notte digrignava i denti e quello stupido dente del giudizio gli cigolava nella
mascella e nel cervello. Bisognava intervenire chiurgicamente. Ma come trovare i soldi?
La zingara allora decise di fare l'ultima rapina, ma a titolo personale.
Le andò bene, tanto spavento ma nessun ferito. Così coi soldi poté far operare Beethoven in una clinica svizzera, che da lì in poi
divenne un pianista di fama eccezionale, liberandosi del complesso di Gianni e Marcella Bella.
E la storia della vincita del Totogol?
Era tutta una storia inventata della zingara per addescare il giovane Beethoven.
Marcello TARGI